SENTIMENTO vs EMOTICON : L’INTRUSIONE HI TECH

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«Non vi è dubbio che ciò che – con qualche nostalgia – continuiamo a chiamare “noi e il nostro corpo” altro non è se non un astratto costrutto tecnologico pienamente immerso nell’industria chimica della psicofarmacologia avanzata, della bioscienza e dei media elettronici» Rosi Braidotti.

Le rappresentazioni, dunque, stabiliscono e cementificano la consapevolezza collettiva attraverso una forma di comprensione che utiliz za soprattutto modalità iconiche e simboliche. Esse danno vita ad un vero e proprio paradigma figurativo che, rimosso dal suo ambito concettuale originario, circola liberamente nella società e viene accettato come una realtà indipendente. Ciò che è percepito prende il posto di ciò che è concepito: in tal modo le immagini, essenziali per la comunicazione sociale, diventano elementi di realtà piuttosto che meri veicoli di pensiero. Il nostro ambiente si satura di tali artefatti visivi, la maggior parte dei quali servono a trasferi- re all’interno di un universo consensuale quella mappa di forze, oggetti ed eventi che sono al di fuori della consapevolezza comune.

Molte delle teorie più radicali del nuovo millennio sono state variamente descritte come postumane: in questo senso, il termine è stato usato per tratteggiare un panorama futuro dal carattere distopico dove la manipolazione delle tecnologie avrà raggiunto un tale livello di complessità da determinare la fine dell’uomo così come lo conosciamo.

In maniera diametralmente opposta a tale concezione, il postumano è un termine spesso assimilato ad una utopia tecnofila di redenzione e innalzamento delle nostre facoltà: l’inaugurazione di un’epoca dove l’essere umano sarà capace di dissolversi nella macchina, scartando l’essenza mortale del corpo e sviluppando una nuova forma di esistenza transumana non più fondata su un organismo a base di carbonio, ma capace di salvaguardare le nostre menti per l’eternità.

Oggi, ci troviamo sulla probabile linea di superamento della quarta discontinuità che l’uomo si è trovato a dover fronteggiare almeno a partire dalla rivoluzione industriale, la co-evoluzione tra gli uomini e le macchine. «Non possiamo realisticamente più immaginare la specie umana senza la macchina» (Mazlish, 1993): da una parte, la nostra evoluzione è inestricabilmente intrecciata all’utilizzo e sviluppo dei propri strumenti tecnici; d’altra parte, utilizziamo i medesimi concetti scientifici per spiegare le attività organiche e quelle delle macchine. Benché sia assurdo affermare che non esiste differenza tra un organismo umano e un congegno meccanico, così com’è assurdo sostenere che non ci sono differenze rispetto agli altri animali, la discontinuità tra uomini e macchine non può essere più sostenuta. Non dobbiamo più scegliere tra il vivente e il meccanico perché questa distinzione non ha più significato.

Oggi, ci troviamo sulla probabile linea di superamento della quarta discontinuità che l’uomo si è trovato a dover fronteggiare almeno a partire dalla rivoluzione industriale – la co-evoluzione tra gli uomini e le macchine. «Non possiamo realisticamente più immaginare la specie umana senza la macchina» da una parte, la nostra evoluzione è inestricabilmente intrecciata all’utilizzo e sviluppo dei propri strumenti tecnici; d’altra parte, utilizziamo i medesimi concetti scientifici per spiegare le attività organiche e quelle delle macchine. Benché sia assurdo affermare che non esiste differenza tra un organismo umano e un congegno meccanico, così com’è assurdo sostenere che non ci sono differenze rispetto agli altri animali, la discontinuità tra uomini e macchine non può essere più sostenuta. «Stiamo ora attraversando la quarta discontinuità. Non dobbiamo più scegliere tra il vivente e il meccanico perché questa distinzione non ha più significato.

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